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sai, le circostanze richiedevano un po' di improvvisazione.

Arnavutça

epo,e di, rrethanat kërkuan pak improvizim.

Son Güncelleme: 2016-10-28
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İtalyanca

quando avevamo 10anni, ce lo richiedevano, e rispondevamo:

Arnavutça

kur ne ishim dhjetë vjeç, ata pyetën përsëri, dhe ne u përgjigjëm, yll rroku, kaubojs,

Son Güncelleme: 2016-10-28
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lotto' per negare quelle strane sollecitazioni, ma nei momenti di debolezza esse richiedevano attenzioni.

Arnavutça

dhe kështu ai kaloi një verë të tërë i zhytur në rutina të vetmuara të një zotërie të ri.

Son Güncelleme: 2016-10-28
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rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò gesù alla loro volontà

Arnavutça

dhe ua lëshoi atë që qe burgosur për trazirë dhe vrasje dhe që ata e kishin kërkuar; dhe jezusin ia dorëzoi vullnetit të tyre.

Son Güncelleme: 2012-05-05
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İtalyanca

conclusioni dell'avvocato generale maurice lagrange 25 giugno 1964 traduzione dal francese causa 6-64 — conclusioni 1155 signor presidente, signori giudici, la questione pregiudiziale che vi è stata deferita in applicazione dell'art. 177 del trattato c.e.e. non proviene, una volta tanto, da un giudice olandese, bensì da un giudice italiano e non si tratta più di previdenza sociale né del regolamento n. 3, ma di un certo numero di disposizioni dello stesso trattato, la cui interpretazione vi è richiesta in circostanze tali ch'essa può mettere in discussione i rapporti costituzionali fra la comunità economica europea e gli stati membri della comunità stessa. ciò è sufficiente a far comprendere tutta l'importanza della sentenza che siete chiamati a pronunciare. i fatti vi sono noti : l'avv. costa, di milano, pretende di non dover pagare una bolletta di 1925 lire, emessa per forniture di elettricità dall'« ente nazionale per l'energia elettrica » (e.n.e.l.). egli ha portato la lite dinanzi al giudice conciliatore, competente in prima ed ultima istanza in ragione del valore della lite, assumendo che la legge 6 dicembre 1962, relativa alla nazionalizzazione dell'industria elettrica in italia, è in contrasto con un certo numero di disposizioni del trattato di roma ed è inoltre incostituzionale. egli ha quindi chiesto — e ottenuto — il rinvio, a titolo pregiudiziale, alla corte costituzionale della repubblica italiana e al tempo stesso a questa corte, a norma dell'art. 177 del trattato. i — questioni preliminari si devono anzitutto risolvere due questioni preliminari relative alla ritualità del rinvio a questa corte. a. la prima verte sul problema se il giudice di milano vi abbia realmente sottoposto delle questioni relative all'interpretazione del trattato. nel dispositivo dell'ordinanza ci si limita infatti a dichiarare che « ritenuto che la legge 6 dicembre 1962 e i conseguenti relativi decreti presidenziali... violino gli artt. 102, 93, 53 e 37 del trattato » il giudice conciliatore sospende il giudizio ed ordina 1156 raccolta della giurisprudenza della corte « la trasmissione di copia autentica degli atti di causa alla corte di giustizia della comunità economica europea a lussemburgo ». nella motivazione dell'ordinanza sono tuttavia indicate, in modo sommario ma preciso, le ragioni per cui la legge di nazionalizzazione potrebbe costituire violazione di ciascuno dei menzionati articoli del trattato c.e.e. ed essere di conseguenza incompatibile con detto trattato. stando così le cose, ritengo che la corte possa e debba compiere lo sforzo necessario per desumere dalle quattro obiezioni in tal modo esposte ciò che riguarda l'interpretazione dei testi di cui trattasi. voi lo avete già fatto in altre controversie onde consentire al giudice nazionale di statuire entro i limiti della sua competenza, pur senza esorbitare dalla vostra, il che dopo tutto è ovvio, posto che l'interpretazione astratta del testo del trattato o dei regolamenti comunitari viene sempre data in relazione al caso concreto che costituisce l'oggetto della controversia. conviene soltanto evitare — ed è questo un pericolo che comincia a profilarsi man mano che i procedimenti basati sull'art. 177 divengono più numerosi — che, col pretesto dell'interpretazione, la corte si sostituisca in maggiore o minor misura al giudice nazionale il quale, non dimentichiamolo, rimane competente ad applicare il trattato ed i regolamenti comunitari, recepiti nell'ordinamento interno in seguito alla ratifica : tracciare il confine tra applicazione e interpretazione è senza dubbio uno dei problemi più complessi sollevati dall'art. 177, tanto più che detto confine coincide con quello tra competenza del giudice comunitario e competenza del giudice nazionale, e non vi è alcun foro per dirimere un'eventuale conflitto. orbene, è palese che un conflitto tra la corte di giustizia ed i supremi fori nazionali potrebbe mettere in serio pericolo il sistema di controllo giurisdizionale istituito dal trattato, sistema il quale è basato sulla collaborazione stretta, e spesso persino organica, fra l'una e gli altri. b. con ciò giungiamo all'esame della seconda questione preliminare, la quale verte appunto sulle difficoltà di carattere costituzionale cui ho testé fatto cenno. nelle sue osservazioni, il governo italiano conclude per l'inammissibilità assoluta della questione sottopostavi dal conciliatore di causa 6-64 — conclusioni 1157 milano assumendo che detta questione, a differenza di quanto prescrive l'art. 177, non costituisce la premessa del sillogismo che il giudice di merito deve normalmente formulare per risolvere il caso concreto. nella fattispecie, il giudice non deve applicare che una legge interna dello stato italiano : non dovendo applicare il trattato di roma, egli non può avere dubbi circa la sua interpretazione. il governo italiano si esprime nei seguenti termini : « in questo caso, il giudice non deve applicare alcuna norma del trattato di roma né, quindi, può avere dubbi circa la interpretazione del trattato, secondo la situazione chiaramente presupposta dall'art. 177 dello stesso trattato, bensì soltanto la legge interna (quella appunto sull'e.n.e.l.) che regola la materia sottoposta al suo esame. » d'altro lato, prosegue il governo italiano, la questione se uno stato membro abbia violato, con una legge interna, degli obblighi comunitari, può essere sollevata soltanto mediante il procedimento di cui agli artt. 169 e 170 del trattato, procedimento al quale i singoli non possono partecipare, nemmeno indirettamente : « ...le norme di legge rimangono in vigore anche dopo la sentenza della corte, fino a quando lo stato, anche in ottemperanza all'obbligo generale posto dall'art. 5 del trattato, non prenda i provvedimenti conformi all'esecuzione della sentenza ». signori, a questa eccezione d' « inammissibilità assoluta » sarebbe forse sufficiente opporre la vostra giurisprudenza secondo la quale questa corte non deve prendere in esame le considerazioni che hanno indotto il giudice nazionale a sottoporvi una questione pregiudiziale : basta che voi accertiate trattarsi di una questione del genere contemplato nell'articolo 177 cioè vertente sull'interpretazione del trattato ovvero sull'interpretazione e la validità di un regolamento comunitario, per la quale l'articolo 177 attribuisce competenza alla corte. ci si può tuttavia chiedere se questa giurisprudenza, di per se molto opportuna e basata sul pieno rispetto della competenza dei giudici nazionali, vada applicata senza eccezioni né limitazioni, ad esempio anche qualora la questione deferita sia palesemente 1158 raccolta della giurisprudenza della corte priva di qualsiasi rapporto con la causa di merito : in detta ipotesi, deve la corte considerarsi tenuta a dare un'interpretazione astratta del trattato — cui le circostanze attribuiscono un aspetto puramente dottrinale, senza alcun nesso con la risoluzione della controversia — anche se tale interpretazione verte su questioni di grande rilievo o atte a provocare gravi conflitti coi giudici nazionali? È lecito dubitarne. appunto per questo, onde evitare qualsiasi equivoco e proprio nella speranza di evitare un conflitto del genere accennato, penso di dovermi spiegare il più chiaramente possibile circa le obiezioni del governo italiano. devo anzitutto respingere il secondo rilievo ossia che la violazione del trattato, commessa mediante una legge interna ad esso posteriore e con esso in contrasto, può dar luogo soltanto al procedimento per la constatazione della inadempienza degli stati membri contemplato negli articoli 169-171, procedimento dal quale i singoli sono esclusi e che lascia in vigore la legge fino a che questa non sia stata, se del caso, abrogata in ossequio alla sentenza con cui la corte accerti la sua incompatibilità col trattato. il problema in realtà non è questo : il problema riguarda la coesistenza di due norme giuridiche in contrasto tra loro (in ipotesi) e del pari applicabili all'interno di uno stato membro, l'una contenuta nel trattato o emanante dalle istituzioni della comunità e l'altra adottata dal legislatore nazionale : quale deve prevalere fino a quando non sia stato eliminato il contrasto? ecco il problema. senza rifarsi a concezioni dottrinali — che troppo si prestano a discussioni — circa la natura delle comunità europee, né scegliere fra « l'europa federale » e « l'europa delle patrie », ovvero fra « sopranazionale » e « internazionale », il giudice (è questo il suo compito) non può che considerare il trattato per quello che è. orbene — e sto per fare una semplice constatazione — il trattato istitutivo della c.e.e., come gli altri due trattati detti europei, ha creato un ordinamento giuridico autonomo, distinto da quello di ciascuno degli stati membri, e che tuttavia a questi si sostituisce parzialmente secondo norme precise contenute nello stesso trattato, norme che operano dei trasferimenti di competenze a favore di istituzioni comuni. causa 6-64 — conclusioni 1159 per restare nel campo delle norme, è universalmente ammesso che il trattato c.e.e. benché in molto minor misura del trattato c.e.c.a. contiene un certo numero di disposizioni le quali, sia per la loro natura sia per il loro oggetto, sono direttamente applicabili nell'ordinamento giuridico interno, in cui sono state «integrate» con la ratifica (fenomeno che non è del resto peculiare ai trattati europei). così, voi stessi avete affermato il carattere « self-executing » secondo l'espressione consacrata, dell'articolo 12 e dell'articolo 31 ed avete precisato che si tratta di disposizioni le quali producono effetti immediati e attribuiscono diritti soggettivi che i giudici interni devono tutelare. quanto alle disposizioni che non hanno tale efficacia diretta, esse si inseriscono nell'ordinamento giuridico interno in due modi diversi, a seconda che gli organi esecutivi della comunità (consiglio o commissione ovvero, nella maggior parte dei casi, entrambi organicamente associati con l'intervento del parlamento europeo) abbiano o meno il potere di adottare un regolamento. in caso negativo, vi è un obbligo dello stato membro che questi adempie vuoi spontaneamente, vuoi in esecuzione di raccomandazioni o direttive degli esecutivi, e il trattato si inserisce nell'ordinamento giuridico interno solo attraverso i provvedimenti d'ordine interno adottati dai competenti organi di detto stato. quando invece gli esecutivi comunitari hanno il potere di adottare un regolamento, e se ne valgono, l'inserimento nell'ordine interno ha luogo ipso jure con la semplice pubblicazione del regolamento : ciò risulta nel modo più evidente dal combinato disposto dell'articolo 189, secondo comma, e dall'articolo 191. a norma dell'articolo 189, secondo comma, « il regolamento ha portata generale. esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli stati membri ». a norma dell'articolo 191, «i regolamenti sono pubblicati nella g.u. essi entrano in vigore alla data da essi stabilita ovvero, in mancanza, il ventesimo giorno successivo alla loro pubblicazione». vi sono quindi due categorie di disposizioni direttamente applicabili : 1. le disposizioni del trattato considerate «self-executing »; 2. quelle per la cui applicazione sono stati adottati dei regolamenti. 1160 raccolta della giurisprudenza della corte come immaginare infatti che una disposizione del trattato per cui è stato adottato un regolamento non si inserisca nell'ordinamento interno unitamente al regolamento cui serve di fondamento giuridico? come ammettere che un'altra disposizione, per la quale non è stato emanato un regolamento né una norma interna d'applicazione per il semplice motivo ch'essa era autosufficiente, non abbia la stessa sorte? È quindi impossibile sottrarsi al problema costituito dalla coesistenza, in ciascuno stato membro, di due ordinamenti giuridici, quello interno e quello comunitario, che hanno ciascuno la propria sfera di competenza, né conseguentemente alla questione di quale sia la sanzione per gli eventuali sconfinamenti dell'un ordinamento nell'ambito proprio dell'altro. per gli sconfinamenti commessi dalle istituzioni delle comunità, non vi è alcuna difficoltà : essi vengono censurati dalla corte attraverso uno dei rimedi che il trattato offre tanto agli stati membri quanto ai singoli, cioè il ricorso d'annullamento (art. 173) e l'eccezione d'illegittimità (art. 184). quanto agli sconfinamenti commessi da organi nazionali, essi vanno del pari repressi e anche in questo caso non solo a favore degli stati, ma anche a favore dei singoli qualora il trattato o i regolamenti comunitari attribuiscano loro dei diritti soggettivi. come la corte ha ricordato, la tutela di tali diritti è affidata ai giudici interni. in qual modo questi giudici dovranno esercitare il loro controllo e, in ispecie, applicare le disposizioni self-executing del trattato, come pure i regolamenti comunitari legalmente adottati, qualora vi sia una disposizione interna contraria? se questa è anteriore all'entrata in vigore del trattato o alla pubblicazione del regolamento, soccorre il principio dell'abrogazione tacita. le difficoltà sorgono qualora la disposizione interna sia posteriore al trattato e in contrasto con una norma self-executing di questo, ovvero qualora essa sia posteriore a un regolamento comunitario legalmente adottato e regolarmente pubblicato; in detta ipotesi, tuttavia, la difficoltà sorge soltanto se la disposizione interna è una causa 6-64 — conclusioni 1161 norma di legge, giacché nel caso di un semplice atto amministrativo, o anche di un regolamento, il ricorso di legittimità o, quanto meno, l'eccezione d'illegittimità (nei paesi che non ammettono in pieno l'impugnazione diretta dei regolamenti) sono sufficienti a rendere inefficace una disposizione interna di fronte a una norma comunitaria. nel caso della norma di legge, ci troviamo invece inevitabilmente di fronte a un problema di carattere costituzionale. come sapete, tale problema è stato risolto in modo del tutto soddisfacente nei paesi bassi la cui costituzione, recentemente modificata, attribuisce espressamente ai tribunali il potere di rilevare d'ufficio l'illegittimità delle leggi in contrasto con i trattati internazionali, quanto meno qualora si tratti di disposizioni selfexecuting. nel granducato del lussemburgo, la giurisprudenza ha fatto proprio lo stesso principio. in francia, la dottrina è quasi unanime nell'ammetterlo, basandosi sull'articolo 55 della costituzione attuale la quale, come l'articolo 28 della costituzione del 1946, afferma che i trattati internazionali regolarmente ratificati e pubblicati prevalgono sulle leggi interne; vi sono anche delle sentenze le quali possono essere, almeno implicitamente, intese in questo senso. nel belgio, malgrado la mancanza di espresse disposizioni costituzionali, una vigorosa corrente dottrinale, alla quale si è pubblicamente associato un altissimo magistrato, sembra destinata a far prevalere la stessa soluzione. per quanto ciò possa sembrare a prima vista paradossale, le difficoltà di principio s'incontrano attualmente nei due paesi che hanno una corte costituzionale, cioè la germania e l'italia. in entrambi i casi dette difficoltà dipendono dal fatto che il trattato di roma è stato ratificato con una legge ordinaria che non ha valore di legge costituzionale e non può quindi derogare alle norme né ai principi della costituzione. non spetta certo a me interpretare le costituzioni degli stati membri. mi limiterò ad osservare che, per quanto riguarda la germania (dove, a tutt'oggi, la corte costituzionale non si è ancora pronunziata), le obiezioni sembrano originate dal fatto che l'ordinamento giuridico della comunità (di cui si ammette l'esistenza, autonoma rispetto all'ordinamento giuridico tedesco) non offre 1162 raccolta della giurisprudenza della corte ai cittadini della repubblica federale tutte le garanzie loro fornite dalla legge fondamentale, soprattutto in quanto provvedimenti di carattere legislativo possono essere adottati nella comunità da organi non parlamentari (consigli o commissione) in casi in cui, nell'ordinamento interno, sarebbero riservati al parlamento. cosa si può rispondere, se non che i regolamenti comunitari, anche i più importanti, non sono provvedimenti legislativi né, come qualcuno ha detto, « quasi legislativi », bensì atti emessi dal potere esecutivo (consigli o commissione) il quale non può agire che entro i limiti delle deleghe consentitegli dal trattato e sotto il controllo giurisdizionale della corte di giustizia? il trattato di roma ha certamente in parte il carattere di una vera costituzione, quella della comunità (e, sotto questo aspetto, è completato da protocolli e allegati che hanno il suo stesso valore, non già dai regolamenti), ma per il resto ha soprattutto il carattere di quella che si chiama una « legge quadro », il che è perfettamente legittimo quando si tratti di far fronte ad una situazione in movimento, quale l'instaurazione di un mercato comune, e purché lo scopo da raggiungere e la situazione da realizzare (se non le modalità della realizzazione) siano definiti in modo tale che la flessibilità non escluda la precisione : siamo ben lontani dalle « cambiali in bianco » che certi parlamenti nazionali talvolta rilasciano. i cittadini della repubblica federale ritrovano dunque nell'ordinamento giuridico comunitario, in ispecie mercè il controllo giurisdizionale, delle garanzie se non identiche almeno analoghe a quelle che l'ordinamento giuridico interno loro offriva (prima dei trasferimenti di competenza operati dal trattato) attraverso i più ampi poteri del parlamento. la vera questione sembra essere quindi se la creazione di un siffatto ordinamento giuridico, mediante un trattato ratificato con legge ordinaria, sia compatibile con la costituzione : si tratta evidentemente di un problema che solo il giudice costituzionale nazionale è competente a risolvere. pare che lo stesso ragionamento valga per l'italia. in questo paese, come sapete, la corte costituzionale, con sentenza 24 febbraio- 7 marzo 1964 riguardante appunto la legge istitutiva dell'e. n.e.l. ha affermato che, nonostante l'articolo 11 della costituzione, la questione dell'eventuale violazione del trattato consicausa 6-64 — conclusioni 1163 stente nell'adozione di una legge in contrasto con esso (violazione che, secondo detta corte, implicherebbe unicamente la responsabilità dello stato sul piano internazionale) va tenuta distinta dal problema della costituzionalità della legge stessa : posto che il trattato è stato ratificato con legge ordinaria, una legge posteriore con esso incompatibile deve produrre i suoi effetti secondo il principio della successione di leggi nel tempo, donde consegue che non « occorre indagare se la legge denunziata abbia violato gli obblighi assunti col trattato predetto » e che, per gli stessi motivi, il rinvio alla corte di giustizia delle comunità europee (rinvio che servirebbe unicamente a consentire l'accertamento di una violazione del trattato, in base all'interpretazione dello stesso trattato data dalla corte) è necessariamente privo d'oggetto. non spetta evidentemente a me di criticare questa sentenza. osserverò soltanto (benché si tratti di un rilievo piuttosto formale) che la corte costituzionale parla di conflitto fra la legge in esame e la legge di ratifica, mentre si tratta di un conflitto fra la legge e il trattato (ratificato con legge ordinaria). vorrei invece insistere sulle conseguenze disastrose — l'espressione non è troppo forte — che una giurisprudenza siffatta, qualora fosse tenuta ferma, rischierebbe di avere per il funzionamento del sistema istituzionale stabilito dal trattato e, quale conseguenza, per lo stesso avvenire del mercato comune. mi pare infatti

Arnavutça

traduzione inglese italiano

Son Güncelleme: 2014-11-05
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